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Estemporanea #8: Autenticità, sederi e dis/velamenti.

12 Dec

di T/T

Nel Figlio grasso e rosso – reportage sugli Adult Video News Award – David Foster Wallace come sempre nel suo stile icastico e acuto costellava il testo di interessanti aneddoti, il cui obiettivo a volte era quello di colpire l’attenzione del lettore svelando meccanismi profondi dell’industria del porno e della sua fruizione. Nonostante lo scritto di Wallace abbia più di 15 anni e gli AVN Award siano ormai giunti alla loro trentesima edizione ci sono passaggi che possono aiutarci nell’attraversamento di un problema cruciale della cultura pop di questi ultimi anni, quello dell’autenticità e della progressiva sessualizzazione del (s)oggetto femminile nell’industria musicale.

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Estemporanea #7: Come ci si comporta su un piccolo palco, gli errori più frequenti delle band italiane.

3 Apr

Su Rockit [qui] un noto stage manager tracciava un’ampia fenomenologia dei vizi e delle cattive abitudini delle bande nostrane. Ecco, questo è un vademecum da parte di due musicisti italioti che spesso interpretano creativamente il concetto di stage. Buona lettura. T/T

di Superfreak e Ferdinando Farro aka Maybe I’m

Ci sono alcuni piccoli accorgimenti che andrebbero seguiti quando ci si trova in quelle situazioni in cui il palco è piccolo, microscopico o addirittura non c’è. Spesso si fa un gran parlare di professionalità e di come bisognerebbe affrontare un palco enorme pieno di monitor, fonici e cavi, ma la verità è che se non decidete di suonare solo nei festival o nei concorsi musicali vi troverete ad affrontare tante realtà più piccole che tecnicamente sono molto più complesse da gestire. Proprio per questo ecco qui una piccola guida su cosa dovreste fare perché il vostro concerto venga al meglio.

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Estemporanea #6: Sulla violenza a fumetti

5 Dec

Quest’oggi pubblichiamo nella sezione “Estemporanea” un intervento di Andrea Tosti sulla violenza a e nei fumetti, nata in calce ad una discussione sul secondo numero di Orfani di Roberto Recchioni. Questo articolo, pubblicato anche in contemporanea sul blog Riassumendo inaugura una collaborazione aperiodica con Fritto/Misto

di Andrea Tosti

Sulla propria bacheca Facebook, lo sceneggiatore e curatore bonelliano Roberto Recchioni, ha postato qualche giorno fa questo messaggio che un anonimo lettore del suo Orfani gli ha inviato:

Questa non vuole essere una contestazione, non voglio fomentare rivolte inutili, anche perché non mi cibo di critiche né vivo di fumetti,ma quel che uno prova sono del parere che deve esprimerlo sempre in grandissima serenità e visto che fra poco sarò anche padre mi preme molto ciò che ho da dire perché spero che anche mio figlio avrà la stessa mia gioia nel leggere i fumetti e scoprire questo mondo che dovrebbe essere l’opposto contrario di quello reale almeno secondo i miei principi fumettistici… Preavviso che non sono vegetariano, né ambientalista e neppure ecologista… Non sono nulla e non voglio essere nessuno…Sono semplicemente un lettore che è rimasto male nel vedere una scena che tranquillamente poteva essere evitata… A pagina 12, nella seconda vignetta, il narratore o la narratrice (ancora devo finire di leggerlo) dice testualmente: il cibo è buono ed abbondante;mentre la spiegazione, a pagina 17 la sesta vignetta, di questa per me inutile ma tristissima scena che ho postato è la seguente: la colazione è assicurata ragazzi . Oggi l’odio verso gli animali è dilagante, a tal punto da far loro sevizie e diffonderle in rete compiaciuti come mi è sembrato Felix… Il quale non è stato ritratto con i suoi amici, nella pagina successiva, a gustare un coniglio arrosto per colazione… E l’aver tralasciato questa scena per me obbligatoria porta la superficialità nel maltrattamento immaginario di un animale ucciso non per fini alimentari ma di puro divertimento goliardico che non dovrebbe mai nascere in luoghi comuni, il fumetto è uno di questi oggi, per giovani che sono già esposti ogni giorno a occasioni di divertimento negativo asociale e incivile. Rassicurato dal fatto che gli idioti di questo secolo non leggono Orfani, e che una tale scena non può essere fraintesa come un incitamento al maltrattamento degli animali e me ne guardo bene io stesso per primo dal pensarlo lontanamente soltanto, chiedo a voi autori di fare più attenzione alle scene più delicate e come tali di motivarle sempre perché non divengano mai brecce per l’idiozia che aleggia nell’aria,perché la madre dell’idiozia non conosce sterilità e non sia mai che la sapienza non partorisca prudenza perché è quella che la mantiene in vita così da non restarne Orfani. Grazie per il vostro impegno nell’intrattenerci, spero solo che queste storie ci servino per avere uno sprono in più per migliorare le nostre piccole realtà quotidiane e non per scoprire che alla fine la realtà di dentro è come quella di fuori… Perché a me i fumetti mi hanno fatto conoscere una realtà che fuori non c’è.

La tavola oggetto della contestazione è questa:

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Senza voler entrare nel merito del fumetto e delle centinaia di commenti che questo post ha prodotto, la percezione di quella tavola da parte di un lettore, non di un professionista del settore, ma di un semplice appassionato, mi ha incuriosito. Solitamente questo tipo di discussioni non mi appassionano, ma il “come” un prodotto, specialmente “popolare” come Orfani, viene recepito dal suo pubblico – o da una sua parte -, questo sì che mi interessa. Così come mi interessano le modalità della rappresentazione della violenza nei media e, in particolar modo, nel fumetto. Alla cosa dedicai una lunga e articolata riflessione in due parti che inizia QUI. Analizzando l’intervento del lettore – e si può supporre che si tratti di un lettore bonelliano medio – non mi sono interrogato su Orfani nel suo complesso ma sul perché questa specifica sequenza, rappresentata come è stata rappresentata, l’avesse tanto turbato

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Estemporanea #5: DFW

28 Nov

di T/T

In Caro Vecchio Neon, DFW mette in scena una lunga e insondabile confessione di una voce/(pensiero) narrante, che cerca di gettare la maschera dinanzi all’imminenza del suicidio: un fascio nervoso di pensieri che si accavallano, spingono, scalpitano cercando di fermarsi sulla pagina e che si riflettono come un lampo ed un epifania nel pensiero appena accennato di Dave Wallace – compagno di corso della voce/(pensiero) narrante – «che [cerca], anche solo per l’istante che ha le palpebre abbassate, in qualche modo di riconciliare quello che quel tipo radiante era parso dall’esterno con la cosa che all’interno lo aveva indotto a suicidarsi in modo così teatrale e doloroso»[1].

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Estemporanea #4: due parole su Lou Reed

28 Oct

di T/T

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Estemporanea #3: Bionde Vs Brune \\ Questioni vintage nell’era di Miley Cyrus

9 Sep

Oggi pubblichiamo un piacevole articolo sulla Cyrus e sul destino della biondità nell’era del post-post-modernismo. Ora, lo ammetto io amo la Cyrus, però non posso non dare spazio a voci femminili sull’argomento. A noi uomini basta un po’ di twerking e una lingua “importante” per smantellare ogni difesa critica e razionale sui fenomeni del pop.   T/T

di Mel Du

Oops, they did it again!

Ci risiamo: l’ennesima stronzetta appena maggiorenne (classe 1992, ndt) Destiny Hope Cyrus, nota al secolo come Miley o meglio l’eroina della Disney Hanna Montana, è diventata virale grazie ad un repentino movimento di chiappe, una simulazione di doggy style (aka pecorina) con Robin Thicke e una lingua che fa invidia ai cammelli per misura e robustezza (#fellatio).

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Non aspettatevi, qui, un’analisi sul prodotto Cyrus e l’evidente motteggiamento della cultura negra, è storia già vecchia. Piuttosto mi sento di dire:

EVVIVA, GRAZIE AL CIELO ! ! !

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Estemporanea #2: Gazebo Penguins, o del puppare la fava.

20 May

di T/T

Non ero malauguratamente tra il pubblico di quell’evento che fu l’ultimo anti-Mtv Day, ma alcuni miei amici che vi presero parte mi raccontarono – mischiando epica e aneddotica spicciola – della bontà del concerto dei Gazebo Penguins. Tiro, presenza e capacità di gestire un live di immediata presa su un pubblico in delirio che cantava a squarciagola i brani di Legna.

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Di solito – per un sorta di idiosincrasia personale – mi tengo alla larga da certi gruppi. Un po’ perché il ritardo storico con cui si muovono non è neanche minimamente rubricabile sotto una sana retrologia, ma, anche e soprattutto, perché suonano così plasticosi e irreali da sembrarmi quanto di più lontanamente accostabile alla schiettezza e all’autenticità emo (quella storica si intende).

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Estemporanea #1: Radiohead

7 May

di T/T

“C’è sempre stato qualcosa di «vecchio» nei Radiohead. Non parlo del nome…, e nemmeno dell’inutile «h» nel nome di battesimo di Yorke. Mi riferisco piuttosto al modo in cui i Radiohead lasciano tutta la credibilità anticonformistica ai vari Sonic Youth e Stereolab,per esporre la propria merce sulla bancarella denominata «importanza». È questo a renderli parte della «cultura media»: una semiseriosità  che richiama il fervore e il solenne senso del diritto artistico acquisito tipici del progressive rock. Il simbolismo e il concettualismo, la brama di profondità e significato. Ma sapete una cosa? La cultura media va bene. La musica migliore, di fatto, rientra in questa categoria. […] E quindi…: o vi buttate sull’esoterico, come quegli iper-anticonformisti secondo i quali i Faust sono roba per femminucce e il vero hardcore krautrock sono i Dzyan o gli Annexus Quam…in questo caso, finirete per seguire una dieta non-stop a base di cassette noise del Pacific Northwest, torniti dieci pollici neozelandesi e live degli Smegma…Oppure cedete alla snobismo invertito…E quindi, facciamocene una ragione: la storia del grande rock è quella regione di mezzo in cui coesistono sperimentalismo e accessibilità…” [1].

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