di T/T
Rabbrividisco quando vedo il nome di C A L C U T T A associato a Brondi o Dente, gettato in quel calderone da tardo-impero dominato da figure fintamente imbronciate e autoreferenziali, fatte di poetiche random e ruffianerie di secondo mano.
di T/T
Rabbrividisco quando vedo il nome di C A L C U T T A associato a Brondi o Dente, gettato in quel calderone da tardo-impero dominato da figure fintamente imbronciate e autoreferenziali, fatte di poetiche random e ruffianerie di secondo mano.
di T/T
Per giustificare l’ascolto di un album come Feast Of Love dei Pity Sex, rilasciato dalla bostoniana Run for Cover Records, dovrei costruire una lunga requisitoria sull’atemporalità in cui la retromania sembra aver spinto il nostro gusto; un territorio fumoso fatto di nostalgia tardo-adolescenziale e commiserazione. Una specie di reducismo mentale, in cui si affollano ricordi di situazioni mai vissute, un fantomatico passato edenico, ricostruito con furti programmatici.
di T/T
Ho avuto la fortuna di scoprire i Bitchin Bajas per caso. Circa un annetto fa ero al Glazart – una salle de concert di Parigi – per un concerto dei White Hills e dei Disappears. Quest’ultimi, tutti impomatati con i loro strumenti vintage 60 oriented – chitarre di plastica stile Crucianelli e un fangoso Gibson Eb 0 slotted headstock (roba per collezionisti hardcore) – mi delusero abbastanza: nonostante la presenza di Steve Shelley alle pelli. I White Hills furono, invece, un pugno nello stomaco: inebriato dalla loro psichedelia space-robotica mi rituffai seguito a ruota dalla mia ex nella metrò parigina picchiettando il pattern alienato di Robot Stomp.
Prima della tempesta sonica dei WH – tra l’altro il loro nuovo lavoro So You Are… So You’ll Be per la Thrill Jockey è fuori da qualche giorno – la zona sottostante il palco fu occupata da questi due figuri armati di synth analogici, computer frankensteinzzati, effettistica varia e aureole kosmische. Anch’essi di Chicago come i Disappears presentavano una mistura ambientale di drone-ambient-cosmico tutto pulviscoli e scatti ameboidi. Un ottimo interludio all’heavy-psych del terzetto di New York.
Dopo un non entusiasmante album nel 2012 e un ep interlocutorio – Krausened – uscito per la chicagoana Permanent records, Cooper Crain dei Cave e Dan Quinlivan dei Mahjongg tornano con un nuovo album, in formato vinilico e in cassetta, prodotto dalla Drag City dall’emblematico titolo: Bitchitronics.
di T/T
Con miserevole ritardo vorrei spendere qualche parola su The Ivy, disco del duo lodigiano The Great Saunites, composto da Angelo Bignamini, aka Leonard Kandur Layola e Atros, rispettivamente alla batteria e al basso, e prodotto da una folta cordata di etichette (Bloody Sound Fucktory, HysM?, Lemming Records, Il Verso del Cinghiale Records, Neon Paralleli, Terracava, Villa Inferno Records).