di T/T
«Nelle farmacie non vi è alcun rimedio contro l’esistenza, solo palliativi per i fanfaroni. Ma dov’è l’antidoto alla disperazione chiara, infinitamente articolata, fiera e sicura? Tutti gli essere sono infelici; ma quanti lo sanno?» (E.M.C.).
Le Farmacie inscatolano il farmaco rendendolo poco meno che palliativo, ma il Pharmakon nella grecità è il limite non tangibile tra il rimedio e il veleno. Strappato alla sua ambiguità, il farmaco conserva l’antico e oscuro splendore distruttivo e venefico solo nell’ipertrofica e massiccia (nonché volontaria, e quindi demistificante) assunzione.
Pharmakon, al secolo Margaret Chardiet, ventiduenne nuiorchese, cortocircuita il doppio vincolo farmacologico: un accumulo di nulla e residui post-industriali a far da quinta ad uno squartamento insostenibile della carne.
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