Dei Bitchin’ Bajas ne avevamo parlato quasi un anno fa in occasione della loro precedente fatica, sempre fuori per i tipi della Drag City. Il trio di Chicago ritorna sulle scene con un album denso dove le loro esplorazioni si infittiscono, pescando a piene mani dal progressive elettronico degli anni 70.
Bitchin Bajas – Bitchintronics (Drag City)
16 Augdi T/T
Ho avuto la fortuna di scoprire i Bitchin Bajas per caso. Circa un annetto fa ero al Glazart – una salle de concert di Parigi – per un concerto dei White Hills e dei Disappears. Quest’ultimi, tutti impomatati con i loro strumenti vintage 60 oriented – chitarre di plastica stile Crucianelli e un fangoso Gibson Eb 0 slotted headstock (roba per collezionisti hardcore) – mi delusero abbastanza: nonostante la presenza di Steve Shelley alle pelli. I White Hills furono, invece, un pugno nello stomaco: inebriato dalla loro psichedelia space-robotica mi rituffai seguito a ruota dalla mia ex nella metrò parigina picchiettando il pattern alienato di Robot Stomp.
Prima della tempesta sonica dei WH – tra l’altro il loro nuovo lavoro So You Are… So You’ll Be per la Thrill Jockey è fuori da qualche giorno – la zona sottostante il palco fu occupata da questi due figuri armati di synth analogici, computer frankensteinzzati, effettistica varia e aureole kosmische. Anch’essi di Chicago come i Disappears presentavano una mistura ambientale di drone-ambient-cosmico tutto pulviscoli e scatti ameboidi. Un ottimo interludio all’heavy-psych del terzetto di New York.
Dopo un non entusiasmante album nel 2012 e un ep interlocutorio – Krausened – uscito per la chicagoana Permanent records, Cooper Crain dei Cave e Dan Quinlivan dei Mahjongg tornano con un nuovo album, in formato vinilico e in cassetta, prodotto dalla Drag City dall’emblematico titolo: Bitchitronics.