Sentieri Selvaggi #6 vs. F/M: Su Spettro // intervista a Cristian Naldi

21 Oct

di Bassifondi? // Fritto/Misto

«Fulk∆nelli sono una dissoluzione slabbrata» , scrivevo, tempo fa, su Bassifondi?. Questo e altro penso e scrivo oggi, qui sul Fritto/Misto, pensando alle composizioni inconsce del debutto omonimo (Lemming Rec. / OFFSET Rec. / Blinde Proteus Rec., 2012) dei Fulk∆nelli: tra capolavoro e leggenda, una delle migliori band di improvvisazione alchemica d’avanguardia. La mente era di Cristian “Helio” Naldi, chitarra, e il contributo ritmico di Paolo “Vulcan” Mongardi (Zeus!, Fuzz Orchestra, ecc.), batteria, ossia due fra i migliori e prolifici musicisti che l’underground occulto italiano possa vantare ad oggi.

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L’occulto, per l’appunto, è la chiave di volta, ma torneremo a parlarne in seguito. Dopo aver appreso che che Cristian Naldi avrebbe pubblicato un lavoro da solista, Spettro (Lemming Records / Setola di Maiale, 2013) ho sperato di ritrovarmi tra le mani i frammenti sonici di un ennesimo colpo di genio, di un altro colpo di teatro in acciaio inossidabile; speravo nel brulicare di un nuovo monolite, che però non è arrivato. Spettro è un lavoro interessante, con tutte le conseguenze che una tale definizione, nella maggior parte dei casi, comporta, ovvero l’essere poco digeribile. È un disco di sperimentazione pura, che si muove attorno a un’idea compositiva formalmente acuta. Va al di là delle sporche convulsioni psichedeliche fulk∆nelliane, di nuova musica cosmica e stagna nei luoghi della ricerca artistica, disinteressata e libera. Non so se è il disco più adatto su cui scrivere, data la mia ignoranza in fatto di maestri della improvvisazione e composizione chitarristica, come Derek Bailey, di cui conosco solo il lavoro con gli adorati Ruins, ma di fatto ho sentito Cristian e ne abbiamo parlato un po’.

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Partiamo dai titoli delle due tracce: perché “Composto” e “Decomposto”, c’entrano niente i metodi di composizione, che hai seguito per la loro scrittura?

Sì, diciamo che descrivono in maniera abbastanza diretta la natura dei due brani: ‘Composto’ è interamente scritto, ‘Decomposto’ è interamente improvvisato.

L’improvvisazione è una fondamentale dei tuoi lavori. Penso anche alle tue robe con i Fulk∆nelli. Quindi mi interessava anche sapere In che maniera ti viene in mente, invece, la scrittura di un pezzo come ‘Composto’? Te lo sogni la notte? Ti metti dietro un tavolo? Come fai?

Son partito da un’idea semplice e ho cercato di svilupparla. La base di partenza è un accordo a undici parti reali (una sola nota per chitarra), un grande cluster, che crea quella che chiamano Sound Mass. Ho ascoltato molto Ligeti e ne ho studiato alcune parti per capire come ottenere quella sonorità. F atto ciò, ho cercato di creare un discorso musicale.

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E il discorso musicale c’è tutto. È chiaro: limpidamente espletato, come tentavo di sottolineare anche sopra. Questo è un disco di pura ricerca: umile e acuta. Ma inizio a pensare che, forse, sia proprio questo il suo punto debole: è possibile che l’umiltà sia una discriminante? Penso ancora ai Fulk∆nelli. Sono andato a vederli dal vivo: mentre posavano – in maniera esclusiva – lo sguardo sui loro arnesi, mentre ignoravano il pubblico, sentivo la fortuna di essere lì ad assistere alla lisergia di un concerto che non avrebbe mai avuto replica.

Così non staccavo un attimo gli occhi dalle corde di Cristian e dalla bacchette del Mongardi; comprendevo l’eventualità contingente del momento, fissavo a memoria le immagini, apprezzavo e mandavo giù splendidi bocconi: era la storia davanti a me e io davanti a lei. C’è poco da aggiungere. La poca arroganza nel portare avanti l’idea può, dunque, essere il problema di questo disco? Non so perché le tracce allo stesso tempo mi affascinano, ma non mi convincono appieno. So che è così. Inizio ad avere paura che il fascino sia solo a livello estetico. L’occulto forse, che probabilmente inizia a spappolare il senso critico di alcune penne, la mia compresa…E dunque continuo a parlarne con lui.

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Credi che Spettro segua il flusso dell’onda occulta, che sta segnando la storia recente dell’underground italiano? 

Probabile, ma non è una cosa voluta.

Ma gioca molto sui rimandi all’esoterico, come anche i Fulkanelli, o no? Penso, ad esempio, al video di presentazione del disco.

Sì!, sì! Cioè, può essere che segua una certa onda. Ma non l’ho fatto con quell’intenzione specifica. E son sincero.

Insomma le sonorità e l’estetica del disco sono semplicemente così, perché sentivi che così dovessero essere fatte? E allora la cosa è molto più interessante: secondo te, perché l’underground italiano si sta colorando così tanto di alchimia e occulto? Stiamo vivendo un medio evo storico e la musica ne risente?

Eh!, bella domanda…Mah, probabilmente perché sono mondi sonori ed estetici rassicuranti, dove alla fine basta poco per fare effetto. Non so se la musica in sé ne risenta. Per quel che mi riguarda la cosa più importante è sempre e comunque una: aver qualcosa da dire!

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E Cristian qualcosa da dire con la sua sei corde effettate ce l’ha! Credetemi, se ve lo scrivo. Non ho ancora ben capito cosa, però. Ma il problema è il mio, ne sono sempre più convinto. Inizia a frullarmi nella testa quale possa essere la definizione più adeguata per le tracce di Spettro, se sia o meno avanguardia, se io sia o meno solo un ascoltatore di musica pop. A trovare le risposte, ecco che mi spiegherei anche il motivo per cui ‘Composto’ e ‘Decomposto’ non mi convincono totalmente. Così glielo chiedo. Se è avanguardia. E mi apre un mondo…

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Secondo te per fare musica d’avanguardia come si può evitare il rischio di cadere nella pretenziosità? Questo sempre se concordiamo nel dire che “Spettro” è musica d’avanguardia, ovviamente. Anzi prendila proprio come una domanda: Spettro è avanguardia? E secondo te per fare musica d’avanguardia come si può evitare il rischio di cadere nella pretenziosità?

Se devo essere sincero, parlare d’avanguardia nel 2013, dopo tutto quello che è stato fatto, mi fa un po’ sorridere (non mi riferisco alla domanda chiaramente). Forse scado nel banale, ma per fare qualcosa di valido bisogna: a) stare sereni, non montarsi la testa e fare le cose con passione ed onestà in primis verso se stessi; b) aver qualcosa da dire; c) essere autocritici.Giusto! Concordo quasi completamente, tranne per un particolare: secondo te non ci vuole anche un po’ di arroganza per svincolarsi da tutta la noia sonora che è in giro?

Più che arroganza credo che serva personalità. Non rimango particolarmente affascinato da performance estreme o robe simili.

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Ora inizio a comprendere il tutto, finalmente. Non era assenza di convinzione, era assenza di abitudine, abitudine all’onestà. Ora capisco anche cosa intendesse, consapevolmente o meno, Tonio, quando scriveva nella sua recensione: ” Vi è un’intelligenza viva, ma soprattutto un inconsueto e sorprendente calore in Spettro“. Cristian inizia a rivelarsi per quel, che è, e di pari passo anche il suo lavoro. L’umiltà calorosa di questo disco è il punto di forza! Mi sbagliavo, non ci avevo capito nulla, la sua posizione è magnifica: più forte delle velleità narcisiste di qualunque chitarrista «arrogantello» e ignorante, che a fine concerto viene a farmi la morale sull’etica dell’underground e poi se ne va a farsi fotografare sulla copertina di XL. Cristian è il mio mito, perché dopo un disco di debutto come Fulk∆nelli, in cui della chitarra fa un po’ quello che gli pare, e commuove e muove, sarebbe potuto diventare uno stronzo, come una bella parte dei musicisti di cui l’underground è pieno, rompendo gli specchi. La sua gentilezza «stilnovista» è la forza dell’idea di musica che porta avanti. Ha avuto il coraggio di far evolvere il suo linguaggio sonico e strumentale, per questo ha la mia piena stima. Ma, casco nella moralità proprio io, che di solito ne provo disgusto, e quindi, non intromettendomi più con i miei commenti, lascio che sia lui a parlare.

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Fritto/Misto, nella sua recensione, ipotizzava anche delle possibili influenze. Ligeti a parte e cito: “undici gradi di saturazione che fanno pensare all’Alvin Lucier di I Am Sitting in A Room. Questo drone sonico è abitato da due diverse anime (o spettri) da un lato il rumorismo orientale e misticheggiante di Li Jianhong, dal’altro la schizofrenia di Derek Bailey”. Ti ci ritrovi?

Se devo essere sincero, non ho ascoltato non conosco Li Jianhong, ma colmerò la lacuna. Alvin Lucier, invece, lo conosco: se mi avessero mai chiesto delle influenze, non avrei detto lui, perché probabilmente non mi sarebbe venuto in mente, ma a pensarci ora ci sta. Su Derek Bailey ho scritto la tesi di laurea, per cui direi che mi ci ritrovo molto.

Mi parli meglio, allora, del tuo rapporto con Derek Bailey?

Mi piace molto il suo approccio. Nella mia tesi ho analizzato un suo disco, a mio parere, bellissimo: Pieces for Guitar, dove riesce a far convivere un rigore assoluto come quello di Webern (a livello di sonorità) con l’improvvisazione radicale. Cerco di prendere spunto da lui, soprattutto, per il contesto live: la volontà di far convivere due approcci, apparentemente, lontanissimi, ad esempio improvvisare sopra ‘Composto’, aggiungendo una chitarra (quella live) e andando inoltre a completare così lo spettro cromatico dei dodici semitoni .

Che mi dici del titolo, Spettro, invece?

Gioca sull’ambiguità della parola. Ci sono due aspetti, che credo compaiano nel disco: da un lato il sound per certi versi spettrale, dall’altro la gestione dello spettro sonoro (registri molto acuti e molto gravi in ‘Composto’ e la saturazione totale alla fine della prima parte di ‘Decomposto’).

Da qui il lavoro grafico per la copertina?

Esatto. Della copertina se ne è occupato Stefano di Setola di Maiale. Quando me l’ha proposta, mi è sembrata rappresentasse bene il tutto.

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Come si distingue il tuo lavoro di improvvisazione di ‘Decomposto’ in Spettro rispetto a quello assieme ai Fulkanelli?

Nel disco si distingue soprattutto per la strumentazione. Non ho usato nulla, che non fosse un distorsore; lavoro molto più di feedback e, comunque, essendoci una batteria in meno, l’approccio è per forza di cose diverso.

E senti, secondo te, in cosa consiste la particolarità di “Spettro” rispetto alla marea di dischi di musica drone e psichedelica contemporanea?

Mah, oddio!, forse il fatto dell’orchestrazione inusuale, intendo di chitarre e ebow. Però non credo debba essere io a dirlo, io ho solo sviluppato una mia idea.

Questa è proprio da parte di Tonio, invece: in Blemish di Sylvian e Bailey c’è un rapporto particolare tra composizione e improvvisazione, cosa ne pensi al riguardo?, visto che il tuo lavoro si muove sulla relazione tra questi due ambiti.

So che sto per fare una pessima figura, ma non lo conosco … Per quello, che mi riguarda, è molto interessante l’incontro fra accademia e “stomaco”. Credo che, in effetti, la abbia bisogno del secondo e viceversa. Si possono, ad esempio, scrivere dei frammenti melodici da utilizzare nell’improvvisazione. Per farlo occorre, naturalmente, conoscere un minimo la musica scritta. Ma per far suonare questi frammenti in maniera interessante serve più stomaco che accademia. Sentirò il prima possibile Blemish.

Saremo in due a farlo, nemmeno io l’ho mai ascoltato. Credi nel mito di una improvvisazione ignorante? Ovvero dell’esistenza di ottimi musicisti, che improvvisano senza conoscere la musica scritta e nemmeno tanto i loro strumenti dal punto di vista tecnico/teorico

Per la musica scritta certo che sì!, non è assolutamente un limite. Piuttosto la conoscenza tecnica dello strumento credo sia fondamentale. di solito se vedo un brutto concerto è perchè chi suona non ha padronanza di ciò che ha per le mani, che sappia o meno leggere o scrivere non influenza le mie orecchie

Altra domanda di Tonio: che tipo di rapporto hai con la drone music e con le derive più chitarristiche, che flirtano con il metal e il doom?

A livello di ascolti?

Sì!, anche. E se hai un’idea precisa su dove debba andare la drone music.

Anche qui sono un po’ in difficoltà … Perché, in realtà, non seguo molto. Di solito ascolto cose, che poi non suono.

Ah, grande, cosa ascolti in genere?

Sono abbastanza appasionato di classica: Mahler e Šostakovič ultimamente. E Bach, sempre e comunque. Oppure ascolto con piacere gruppi come Meshuggah o Carcass. George Russell, Mingus, Mulligan, Evans nel jazz. Spazio molto in generale, non sono amante particolare di qualche genere o stile

Come tutti noi alla fine, credo. Impossibile fossilizzarsi su un genere.

Esatto. Per questo, il rapporto, che ho con la drone music e il doom è filtrato dalle altre cose, che ascolto. Credo di non aver mai sentito per intero un disco dei Sunn O))), per intenderci, ma certo non perché non sia valido.

Senti mi dici come sei entrato in contatto con le etichette, che hanno pubblicato Spettro? Per Lemming Rec., era già uscito anche Fulkanelli, tra l’altro.

Gaspare della Lemming mi aveva già detto prima di registrare, che sarebbe stato disponibile, quantomeno a sentirlo. Con Setola di Maiale sono entrato in contatto, grazie ad un amico, Antonio De Luca di Brigadisco, anche lui era interessato, ma purtroppo non siamo riusciti.

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E mentre concludo, mi vado a riascoltare Spettro, per presa di posizione, perché sarà anche poco digeribile, perché forse non sarà avanguardia, ma è un disco vero, almeno questo. La migliore risposta alle apparenze della quotidianità. Sì, decisamente consigliatissimo.

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